Non è necessario essere vegani per dirsi contrari alla crudeltà degli allevamenti intensivi.
Ma sarebbe davvero possibile far vivere gli animali permettendo loro di muoversi liberamente, di avere stimoli, di essere “felici”?
Prima di dire che dovremmo basare l’alimentazione degli italiani su animali allevati “come dal contadino” è necessario riflettere un attimo e fare due calcoli, perché sono coinvolti grandi numeri.
L’allevamento intensivo infatti non è stato inventato per maltrattare gli animali ma per rispondere a un’aumento di richiesta: consente di allevare più animali in minor spazio e con costi minori.
Allevamenti meno crudeli: cosa vuol dire
Cerchiamo di capire se sia possibile o meno invertire la rotta considerando per esempio gli standard UE necessari per poter classificare come “biologico” un allevamento. Tra i vari parametri sono indicati anche le dimensioni minime degli spazi in cui dovrebbe vivere ogni specie allevata. Si tratta di estensioni di gran lunga superiori a quelle degli allevamenti intensivi tradizionali e che garantiscono agli animali una vita sicuramente più serena e confortevole.
Oggi solo una porzione irrilevante degli allevamenti segue questi standard (meno dell’1% del totale). Cosa comporterebbe applicarli a tutti gli allevamenti in Italia?
Se per esempio a una scrofa in un allevamento intensivo sono destinati 1,5 metri quadrati, secondo lo standard biologico dell’UE ne dovrebbe avere circa 1.500. E un pollo che oggi vive stretto in uno spazio inferiore a un foglio da stampante dovrebbe avere per sé circa 16 metri quadrati.
Qualcuno dirà “bene, mi sembrano spazi adeguati”, ma la domanda qui è cosa comporterebbe se applicassimo simili standard a tutti gli animali allevati ora in Italia.